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Réclame / nr.3

Manifesto di



Réclame

Il progetto


Mix di tabù e lotte del progresso neo-femminista con tecnologia, evoluzione sociale e cultura moderna.

Ogni volta una provocazione per ricordare che prima di tutto in ogni rivoluzione e battaglia ideologica è importante sapersi mettere in dubbio, prendersi in giro, fermarsi a riflettere sull'assurdo distopico che spesso si nasconde dietro l'angolo delle nostre ideologie.

Cosa succede quando ai valori profondi si associa un uso improprio dell'evoluzione digitale?

Ne abbiamo dato un ritratto ironico qui nel Manifesto / Réclame n°1 , nel n°2 e qui nel 4°.

Il gioco continua con questa nuova provocazione.



Siamo davvero capaci di proporre noi stesse senza ricorrere a filtri?

Condividiamo per piacere o per piacerci di più tramite l'approvazione altrui?



Cosa significa davvero oggi "essere se stesse", "essere autentiche"?

È possibile esserlo nell'era del gradimento misurato in like, dei like misurati in click, dei click distribuiti in modo a volte casuale altre settario?



Le battaglie per parità, equità e libertà vogliono e difendono una donna libera da stereotipi che è pronta a sovvertire i canoni estetici e culturali per affermare la sua identità.

Eppure...è questa sovversione al canone a rendere la donna davvero libera?


Quanto è davvero libera la donna, se anche in questa battaglia

si avverte la necessità di una continua approvazione altrui?



Negli anni '80 e '90 il corpo femminile è stato bersaglio di critiche quando per omologarsi a uno standard o a un modello sociale veniva deformato e snaturato dalla chirurgia estetica.

Opposto al boom dell'estetica patinata di un certo femminile si poneva il modello anticonformista di stampo hippie: corpi lasciati liberi di invecchiare e mutare di forma.


Il nuovo femminismo concede con fierezza al corpo di esprimersi in naturalezza e libertà.

Nessun taboo, ma qualche canone, inverso, resta.

Un'estetica di riferimento, un linguaggio, una narrazione che va seguita e assecondata per essere "contro" i modelli più classici e tradizionali di bellezza. In modo da garantirsi un posto nella schiera del femminile autentico e libero.


Perdura però minaccioso un sottile senso di dogma, che porta con sé l'ombra del pregiudizio.

Come se comunque occorresse applicare un filtro alla propria realtà, alla propria presenza, anche mentre il pensiero è quello di essere semplicemente se stesse.


Ma il semplice pensiero diventa messaggio e quelle che erano istantanee rubate di un momento, impregnate di presente in modo inevitabile e puro, diventano attimi filtrati in funzione del gradimento di un pubblico in attesa di continui contenuti, di continui spunti di "autenticità".


Forse il mondo estetico degli spot anni 80 90 non è davvero stato eclissato da nuove consapevolezze e linguaggi ma si è insinuato in modo perenne e sottile nella comunicazione di ogni contenuto, anche più privato.


"Mi chiamano Agrado perché per tutta la vita ho sempre cercato di rendere la vita gradevole agli altri... oltre che gradevole sono molto autentica.

Guardate che corpo... tutto su misura. Occhi a mandorla 80 mila. Naso, 200 buttateli tutti perché l'anno dopo me l'hanno ridotto cosi con una altra bastonata.

Tette, due, perché non sono mica un mostro, però le ho già super ammortizzate.

Silicone.. naso, fronte, zigomi, fianchi e culo.

Un litro sta sulle 100 mila, perciò fate voi il conto perché io già l'ho perso.

Limatura della mandibola 75 mila. Depilazione definitiva col laser, perché le donne vengono dalle scimmie quanto l'uomo, sino a 4 sedute,

però se balli il flamenco ce ne vogliono di più è chiaro.

Quello che stavo dicendo è che costa molto essere autentica signora mia...

E in questo non bisogna essere tirchie, perché una più è autentica quanto più somiglia all'idea che ha sognato di se stessa."


Cit. Todo sobre mi madre, P. Almodovar



Siamo tanto più autentici, in tutto, quanto più somigliamo all'idea che abbiamo di noi stessi.

Da qui parte la rivoluzione mentale che ha svincolato l'uomo dell'identità di genere verso nuove sfide intellettuali e fisiche.


Eppure sappiamo davvero riconoscere quell'immagine di noi o è un ideale che è inquinato dalla continua ricerca di un cenno di consenso?

"La felicità non è reale se non è condivisa", incideva nel legno Chris McAndless nel suo wild tour all a ricerca dell'estremo nord.

Chissà se userebbe la stessa frase al tempo dei social. Tempo in cui al messaggio di emancipazione viene affiancato costante un lieve: "la tua presenza, la tua autenticità, il tuo piacerti non sono reali se non piacciono".






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