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Interferenze/ Inverno - Essere nel raccoglimento, essere nel buio

Una rubrica redatta da



Trovate il precedenti articoli della serie Interferenze QUI e QUI


Premessa

Il periodo dell’anno in cui le ore di luce sono ridotte al minimo e il sole resta basso all’orizzonte, è molto propizio alla riflessione. La vita scorre più lenta, prevale il desiderio di ripiegarsi su di sé. Le feste religiose ci invitano a riconnetterci con la meraviglia della nascita, ma spesso il nostro sguardo va anche alla morte, ovvero tout court alla vita, in tutti i suoi aspetti.

Nascita e morte sono due frangenti della vita che sfuggono al controllo, e quel che accade quando cerchiamo di imbrigliarle, di regolamentarle, è sotto ai nostri occhi.

Abbandonarsi al morire ha a che vedere con l’abbandonarsi a ciò che accade quando la nostra potente neocorteccia “lascia presa”, si spegne… esattamente come al momento della nascita, esattamente come al momento del concepimento.


La vita, di solito, è prodiga di opportunità per assaporare i momenti clou di inizio e di fine, concedendoci tante possibili piccole morti e piccole nascite. Ogniqualvolta sprofondiamo nel buio e ci raccogliamo, mettendo a tacere i soliti pensieri, le solite preoccupazioni, emergono in noi intuizioni preziose.

Come per incanto si delineano vivide e chiare le “vere” priorità. Ci sentiamo rinati. Pronti a ricominciare. Riallineati.


Approfittiamo della stagione per dare un po’ di tregua all’incessante e spossante attività del nostro cervellone, che tutto vorrebbe controllare e gestire. In verità, lo sappiamo tutti, al di là di ogni tentativo di spiegazione razionale, la vita resta un mistero e, spesso, ciò che di prezioso ci resta, sono quegli attimi di grazia, in cui ci inchiniamo davanti alla bellezza e pulsiamo d’amore.


E ora concediamoci il piacere delle parole di Michel Odent

(le trovate anche sul suo sito www.wombecology.com )





Da Gesù a Greta

È molto significativo che, in ogni fase critica della nostra storia, sia apparsa una persona simbolica, molto giovane, per dare nuovo orientamento alle preoccupazioni predominanti.


Circa duemila anni fa, alla base del nostro condizionamento culturale vi era anche il potere del “padre”, che sia il Padreterno o il Pater familias. Basta pensare al comandamento, fortemente esplicito: “Non desiderare la casa del prossimo. Non desiderare la moglie del prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che gli appartenga”.


È in quel contesto che gli alti sacerdoti del tempio ascoltarono attentamente il dodicenne Gesù, mentre orientava in modo nuovo le loro preoccupazioni, parlando dell’importanza dell’amore.

Oggi i più seri decision makers ancora sono succubi delle questioni inerenti l’economia e la politica internazionali, gli accordi commerciali, i conflitti d’interessi e quelli armati, mentre alcuni potenti miliardari vagheggiano di conquistare lo spazio. In questo contesto, la voce di una teenager, che parla a nome delle generazioni future, ha raggiunto ogni angolo del pianeta.

Il suo messaggio è semplice: la priorità è la salute del pianeta Terra.

Cosa ci aspetta in futuro? È diventato urgente fare un ulteriore passo e formulare la domanda più cruciale, quella sulle possibili trasformazioni della nostra specie: come sviluppare il rispetto per la Madreterra, che è una forma d’amore?


Nell’attuale contesto scientifico, siamo in grado di comprendere che il periodo attorno alla nascita è critico. Inoltre, abbiamo sempre più buoni motivi per considerare la socializzazione del parto uno degli aspetti del dominio della natura, iniziato circa diecimila anni fa con la rivoluzione neolitica.

Dobbiamo renderci conto di aver raggiunto il limite in un’epoca in cui, su scala mondiale, per la prima volta nella storia dell’umanità gli ormoni dell’amore nel periodo attorno alla nascita sono diventati superflui.

Ogni tentativo di “desocializzare” il parto implica un vero e proprio cambio di paradigma. Pertanto, per giungere a una nuova consapevolezza, ci serve la voce di un essere umano che è in una fase particolare della vita, o che abbia particolari tratti caratteriali. In generale, il tipico decision maker è un “normale” adulto di sesso maschile. Per un cambio di paradigma, abbiamo invece bisogno di persone che non siano imprigionate nel forte condizionamento culturale.

Potrebbe trattarsi, per esempio, di una giovane madre che ha avuto il coraggio di andare contro il parere di adulti “rispettabili”, si è isolata per partorire, è uscita trasformata da quest’esperienza e ha sviluppato un modo di essere e di pensare inusuali.

Potrebbe trattarsi di una persona considerata malata, che osa dire ciò che sarebbe inaccettabile nella bocca di persone “sane”: proprio quando lo credevano pazzo, Wilhelm Reich nel suo libro “L’assassinio di Cristo” ha affermato che "la civiltà inizierà il giorno in cui il benessere del neonato prevarrà su ogni altra considerazione".


Potrebbe trattarsi di una persona “normale” in stato di ebbrezza: In vino veritas. Di solito in punto di morte vi è una fase di ridotto controllo neocorticale e, di conseguenza, si attenua il condizionamento culturale. Abbiamo quindi qualcosa da imparare dalle ultime parole di alcune persone. Poco prima di spirare, per esempio, Karl Marx ordinò alla sua governante: “Vattene!”.


La socializzazione della morte, come la socializzazione del parto, è un aspetto del dominio della natura. Anche il grande poeta Francois Coppée sfidò delicatamente il condizionamento culturale così profondamente radicato, chiedendosi se, forse, quando stanno per morire gli uccelli si nascondano:

Est-ce que les oiseaux se cachent pour mourir?







Michel Odent



Voce nota agli appassionati del mondo della nascita, spesso individuato come portavoce di una visione radicale (pioniere con Leboyer nella difesa di fisiologia e parto indisturbato), è tuttora uno dei pensatori più lucidi e ironici del panorama medico-scientifico, non solo in ambito di salute primale.


La ricerca radicale legata al momento della nascita con gli anni si è evoluta e ampliata andando a toccare diverse fasi e aspetti della salute dell'uomo, dal rapporto con la medicina moderna fino alle conseguenze sociali e culturali di continue alterazioni della fisiologia. Lui stesso ora si presenta quale 'studioso interdisciplinare della natura umana'.


Una parte di femminismo negli anni ha storto il naso davanti a una voce, maschile, radicale e ferrea sul ruolo femminile nelle fasi di parto e puerperio (anni in cui la battaglia sociale e politica non tollerava che la fisiologia suggerisse tempistiche e ruoli non funzionali alla causa di indipendenza e parità).


In parte, con alcune ragioni valide, la critica temeva (e teme) che la donna si trovasse ancora una volta inchiodata al ruolo di "madre", quando stava ancora lentamente uscendo a fatica dall'etichetta di "moglie".


Il femminismo ha fatto passi avanti, con esso medicina e politica.


Le parole di Odent sembrano continuare a mantenere una forte attualità, il suo essere radicale in tempi di qualunquismo intellettuale appare una risorsa, l'ironia con cui scrive è di una leggerezza e lucidità rare nel mondo scientifico.



















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