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Eccoci giunti alle porte del solstizio invernale, il momento che sancisce il passaggio dall’autunno alla stagione più fredda. Al momento mi trovo in Guatemala, in una comunità indigena Tz’tujil, sulle sponde del lago Atitlàn (definito da National Geographic uno dei più belli del mondo).
Qui il clima è tropicale e le festività natalizie, imposte con la conquista e impregnate delle simbologie classiche europee, creano un quadro molto particolare in cui ci si imbatte in “babbi natali”, con tanto di casacche pesanti e alberi di papaya in frutto, senza soluzione di continuità.
Natale, universalmente riconosciuta come la festività centrale del cristianesimo, affonda le proprie radici nella “rinascita” apparente del sole nell’emisfero boreale, ed è stato festeggiato in tutto il mondo sin dalla nascita dell’astronomia.
In Europa, quando ancora non era stata cristianizzata, si conosceva con il nome nordico di Yol (ancora presente nella stagione dello yuletide inglese) ed è proprio alle culture precristiane che dobbiamo gli abeti innevati e il bonario Santa Klaus – forse, in origine, Wotan impegnato nella mitica caccia selvaggia.
I Romani invece festeggiavano Saturno, antico dio dell’abbondanza e dell’Età dell’Oro, onorandolo con giochi d’azzardo, scambi di regali e, sostengono alcuni, addirittura sacrifici umani, in una fase della storia italica molto antica.
Ma siccome mi trovo in terre Maya, in questo scritto vorrei parlare della tradizione di Pax-kua.
Il solstizio
dal latino
sol- sole e sistere - fermarsi
Astronomicamente si definisce solstizio il momento in cui il Sole, nel suo percorso, raggiunge il punto di declinazione minima o massima. Quando, osservato dalla Terra, raggiunge la declinazione minima (detta anche “negativa”) si parla di solstizio invernale quando raggiunge la declinazione massima (o positiva) si parla di solstizio estivo.
A causa dell’imperfezione del calendario gregoriano, il solstizio ritarda di circa sei ore ogni anno, per poi essere corretto ogni quattro anni con l’aggiunta del 29 febbraio negli anni bisestili.
Nell’emisfero boreale il solstizio d’estate cade intorno al 21 giugno e in quello australe il 21 dicembre.
I Maya tradizionalisti, in questo periodo dell’anno, si rivolgono al Sole come metafora del Gran Ajaw (il “Grande Signore”) per chiedere purificazione e abbondanza.
Il solstizio nella mitologia
Moltissime divinità, anche del vecchio mondo, nascevano proprio nel momento del Solstizio d’inverno, come Mithra e Gesù.
Non a caso, il compleanno di diverse “entità” messicane viene ricondotto alla data del 21 dicembre, per esempio Huitzilopochtli e Quetzalcoatl.
Per l’antica civilizzazione egiziana, il mito del percorso di Ra – il Sole – nell’oltretomba (la Duat, che ai tempi delle prime dinastie era situata nel cielo e si raggiungeva tramite un viaggio sotterraneo) era al centro di narrazioni mitiche e rappresentazioni sacre. Successivamente la barca solare divenne la barca di Osiride e il dio della fertilità della Terra e dell’Oltretomba sostituì Ra, identificandosi al principio superiore del Sole.
A loro volta, tutti coloro che morivano in possesso del Libro dei Morti, potevano fondersi, tramite formule magiche, a Osiride, ed essere traghettati come iniziati o come anime disincarnate alla ricerca di una nuova dimensione dell’esistenza.
Gli déi che accompagnavano Ra-Osiride nel viaggio oltre la notte venivano rappresentati con forme animali. Nelle raffigurazioni della barca di Osiride compaiono spesso: Sekhmet, la dea leonessa che combatte contro il distruttore dei mondi; Horus, il falco del sole; Anubi, dalle sembianze di sciacallo e guida nel regno dei morti, e Toth, dio della magia e della parola creatrice che compare a volte come ibis a volte come babbuino.
Curiosamente, su un pannello di legno ritrovato nella piramide di Ah Kakaw (a Tikal, Guatemala), appare una raffigurazione assai simile: nel centro della barca che lo condurrà nell’Aldilà siede Doppio-Pettine (sovrano dell’VIII secolo), accompagnato da diversi nahual (animali guida): il giaguaro, il cane, il pappagallo, la scimmia e l’iguana.
Pax-kua: il solstizio d’inverno nel mondo Maya
Nel mondo Maya esiste una festa, il Paxcua, che nonostante l’assonanza linguistica non ha nulla a che vedere con la pasqua. Pax significa infatti “tamburo” mentre Kua è l’abbreviazione di Hunajpu, il dio del sole e del mais.
Quindi Paxcua è il giorno dei tamburi in cui si rende onore al Mistero.
Questa festa cade nel giorno del Solstizio invernale, quando si manifestano nitz’ u’ pamq’ij’ (il giorno più corto) e nim u’pamaq’ab (la notte più lunga). Il momento della rinascita del Sole, in quanto “luogo” liminale e di confine, è considerato un portale che si apre su nuove dimensioni dell’esistenza. Uno dei modi in cui questa festa veniva celebrata era creando delle torce molto alte fatte di tele e pom (una resina locale), lasciate ardere in modo che la Terra facesse da specchio al Cielo così come l’interno, il mondo spirituale, faceva da specchio all’esterno, il mondo della Natura.
L’inverno da un punto di vista naturopatico
L’inverno che arriva con il solstizio, nell’Europa rurale che fu, era la stagione del rallentamento, ma allo stesso tempo delle feste a base di cibi molto nutrienti che servivano per affrontare meglio il freddo. I bagordi lasceranno un po’ di tracce nel corpo che andranno ripulite a partire da gennaio per prepararsi all’arrivo della primavera.
Nella nostra società, completamente slacciata dai ritmi naturali, si tratta di un momento come gli altri, ma nelle comunità del passato il tempo invernale era il periodo in cui ci si radunava per raccontarsi le storie – soprattutto quelle pregne di santi, fate e magie, che forgiavano la cosmovisione argicola - per riposare, per fare il bilancio dell’anno passato e per seminare il futuro.
Le pratiche naturopatiche, ovvero volte al mantenimento della forza vitale e al sostegno delle capacità naturali del corpo di mantenersi in equilibrio, sono soprattutto legate all’apparato uro-genitale, a quello respiratorio e al sistema immunitario.
Per quanto riguarda i reni, responsabili della purificazione del corpo, è necessario bere molta acqua (come in qualsiasi stagione!) e depurarli, soprattutto durante il periodo di luna calante di gennaio.
Per aiutare il sistema respiratorio, vittima spesso di raffreddori stagionali, i rimedi più noti sono la propoli e l’abete bianco.
Astragalo ed Echinacea rappresentano invece le piante migliori per andare a modulare la risposta immunitaria e per mantenersi in forza e salute.
Nota
È bene ricordarsi che uno dei concetti chiave della naturopatia è quello di “terreno”, ovvero l’individuo nella sua complessità, che può variare anche di molto da persona a persona. Le risposte e le reazioni ad ogni rimedio, per quanto naturale, possono essere molto differenti. Per questo, il consiglio è sempre quello di affidarsi a operatori qualificati per quanto riguarda l’assistenza stagionale.
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