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Eccoci giunti al quarto tempo.
Autunno, la stagione a cui forse dovremmo chiedere umilmente scusa.
Ci lamentiamo del suo arrivo, addossandogli colpe non sue, come la fine delle ferie e del caldo bruciante.
Oppure proviamo ad accorciarlo, come fosse un vestito con troppa stoffa, illudendoci di attribuire gli ultimi pomeriggi assolati di ottobre alla gloriosa resistenza dell’estate e i primi freddi di novembre all’impetuoso arrivo del generale Inverno.
Siamo restii a concedere alla stagione di mezzo il merito di possedere e di offrire tutto questo.
Preferiamo persino spingerci a negarne l’esistenza, di tanto in tanto, o a retrocedere l’Autunno a mezza stagione o stagione di mezzo, di passaggio. Un luogo e un tempo di transizione. Forse è anche colpa di Ungaretti, che paragonando la caducità dei soldati a quella delle foglie abbandonate dai rami spogli ha insinuato nei lettori meno attenti, l’idea che la precarietà sia una condizione stessa della stagione.
E bisogna ammettere che il secco foliage autunnale abbia ispirato immagini di morte già agli antichi aedi, per non parlare del Virgilio dell’Eneide, che paragona il numero i morti dell’Ade alle foglie cadute.
Ma non occorre scomodare i poeti per accorgersi quanto ci appartenga l’idea che l’Autunno corrisponda alla vecchiaia, al tramonto, alla lenta e dignitosa preparazione alla morte. Ogni anelito di vitalità e gioventù viene inibito da piogge e malanni. Anche coloro che si adoperano per restituire importanza e onorabilità al periodo, fanno leva su quegli stesi elementi indicati dai detrattori, ribaltandone la valenza.
Chi, con un animo che può dirsi ancora umano, non ama un tramonto? Chi può negare che alla vecchiaia corrisponda maggiore esperienza, se non addirittura saggezza?
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie
- Soldati / G. Ungaretti
1918
Ma l’Autunno non è questo. Non solo questo.
Sarebbe come voler identificare l’Estate con i rami secchi che prendono fuoco o la Primavera con le pozze ristagnanti delle piogge.
Non era solo caducità e foglie morte nei tempi antichi, quando ancora del ciclo di questi tre mesi non si cercava di negarne o svilirne l’esistenza (e il valore in campo agricolo era riconosciuto più facilmente da tutti).
I vocaboli latini e greci da cui trae origine il nome stesso “Autunno” esprimono concetti opposti a quelli cui siamo soliti attribuire.
I nostri antenati del Mediterraneo parlano infatti di abbondanza, di crescita e di arricchimento.
Retrocedendo ancora di più nel tempo e nelle parole, possiamo ritrovare la radice sanscrita che trova in questi mesi un periodo fruttuoso, durante il quale concedersi i piaceri dell’abbondanza e della sazietà.
Chi mai, nell'Occidente odierno, avrebbe mai la fantasia di associare l'edonismo epicureo all'autunno?
Eppure è nella nebbia che tutto nasconde che si possono sciogliere i lacci della società.
Il nostro invito, quindi, è di riappropriarci anche di quello che di bello, potente e vitale la stagione autunnale ha da offrici. Se in questi mesi le foglie seccano, muoiono e si lasciano cadere sostenute dal vento è altrettanto vero che acquistano colori più vividi e puri.
Proprio come il tramonto che in apparenza accompagna il sole alla morte, ma in realtà ce lo avvicina soltanto, permettendoci di ammirare il naturale colore rosso, al posto del bianco neutro dell’alba e l’uniforme giallo del mezzogiorno.
All'autunno
Stagione di nebbie e morbida abbondanza,
Tu, intima amica del sole al suo culmine,
Che con lui cospiri per far grevi e benedette d'uva
Le viti appese alle gronde di paglia dei tetti,
Tu che fai piegare sotto le mele gli alberi muscosi del casolare,
E colmi di maturità fino al torsolo ogni frutto;
Tu che gonfi la zucca e arrotondi con un dolce seme
I gusci di nòcciola e ancora fai sbocciare
Fiori tardivi per le api, illudendole
Che i giorni del caldo non finiranno mai
Perché l'estate ha colmato le loro celle viscose:
Chi non ti ha mai vista, immersa nella tua ricchezza? Può trovarti, a volte, chi ti cerca, Seduta senza pensieri sull'aia Coi capelli sollevati dal vaglio del vento, O sprofondata nel sonno in un solco solo in parte mietuto, Intontita dalle esalazioni dei papaveri, mentre il tuo falcetto Risparmia il fascio vicino coi suoi fiori intrecciati. A volte, come una spigolatrice, tieni ferma La testa sotto un pesante fardello attraversando un torrente, O, vicina a un torchio da sidro, con uno sguardo paziente, Sorvegli per ore lo stillicidio delle ultime gocce.
John Keats
1819
Persino gli odori riprendono corpo!
L’acqua, elemento primo e necessario alla vita stessa, riconsegna alla terra il nutrimento per rifiorire e fruttare dopo la secchezza arida dell’estate. L’olfatto si risveglia col mosto, i funghi e il sottobosco.
Anche per i viali e i parchi delle città abbiamo la fortuna di poter riconoscere le castagne rotolate fuori dai fruttuosi ricci che si schiudono.
Non vai pazza per New York in autunno?
Mi fa venire voglia di comprare quaderni e matite.
Ti manderei un bouquet di matite ben temperate
se sapessi il tuo nome e indirizzo.
Nora Ephron
-You've got mail-
1998
Ma noi di Lemmelemme ci teniamo a non essere fraintesi: non stiamo cercando di ritagliarci un posto nell’intellettuale morbido scranno dei bastian contrari che apprezzano il compromesso della vita, che tessono lodi al declino, per mascherare l’inconsolabile destino di noi tutti.
Per questo motivo il nostro nome, come sapete, non lo traduciamo solo con il pianopiano dei ritmi naturali, ma anche con il pienopieno del godersi l’esistenza nel modo più profondo e totale.
Perché, all’opposto, cerchiamo l’incomoda posizione di ribaltare i pigri luoghi comuni e le ossidate abitudini mentali per poterci sentire appagati da tutto quanto la natura ha da offrire ogni giorno.
Con la fine dell’Autunno, arriveremo alla conclusione di un ciclo che ci ha accompagnato per un anno. Un esperimento e un ambizioso proposito di tenervi e tenerci compagnia tutte le settimane di questo 2020 che senza dubbio ci ha sorpreso tutti quanti. Per ricordarvi e ricordarci che qualunque cosa succeda il pianeta su cui poggiamo i piedi continua a girare, così come il Sole sopra le nostre teste.
Qualunque pestilenza o impegno lavorativo monopolizzi la nostra attenzione, la missione di Lemmelemme è stata ed è quella di pungolarci, come un pizzicotto affettuoso, verso la riconnessione con gli elementi della Natura, le emozioni dell’essere umano e il rispetto dei loro ritmi e dei loro intervalli.
Anche nei prossimi mesi temperati e rivolti all’inverno, quindi, potrete trovare su queste pagine virtuali i nostri consigli di lettura, le nostre storie, i nostri disegni e tutto ciò che per noi incarna e l’Autunno. Troveremo il modo di parlare delle festività più tipiche, che cadranno giusto a metà stagione: l’Halloween, conteso tra il consumismo imperialista americano e la tradizione antica di celti e normanni e “il giorno dei morti”, che può vestirsi di bianche tuniche sacre o di sgargianti colori pagani, ma che mantiene integro il suo valore apotropaico.
Avremo anche tempo per raccontarvi dei nostri progetti futuri, delle strade che ci piacerebbe percorrere e di quelle che stiamo già battendo.
Come il tema dell’homelearning, quanto mai contemporaneo di fronte a in un rientro a scuola settembrino reso imprevedibile dal distanziamento sociale.
Vi invitiamo quindi a rimanere in contatto con noi e le nostre proposte, ma anche a entrare in contatto, facendo sentire la vostra voce lungo il cammino, con proposte, idee e domande. In attesa di potervi proporre dei nuovi contenuti cartacei, sorprese riservate alla fine di questo anno insieme.
Buone letture e buon Autunno
dalla Redazione di LemmeLemme
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